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sabato 15 novembre 2025

DISINCANTATO — il Blog di Adolfo Santoro

Adolfo Santoro

Vivo all’Elba ed ho lavorato per più di 40 anni come psichiatra; dal 1991 al 2017 sono stato primario e dirigente di secondo livello. Dal 2017 sono in pensione e ho continuato a ricevere persone in crisi alla ricerca della propria autenticità. Ho tenuto numerosi gruppi ed ho preso in carico individualmente e con la famiglia persone anche con problematiche psicosomatiche (cancro, malattie autoimmuni, allergie, cefalee, ipertensione arteriosa, fibromialgia) o con problematiche nevrotiche o psicotiche. Da anni ascolto le persone in crisi gratuitamente perché ritengo che c’è un limite all’avidità.

La Cop 30, i crimini e i misfatti verso la vita sulla terra

di Adolfo Santoro - sabato 15 novembre 2025 ore 08:00

Mentre scrivo ho notizia del 69° detenuto suicida nelle patrie galere e dell’autodifesa del Ministro della Giustizia: I suicidi in carcere? Non sono legati al sovraffollamento, che anzi li frena perché è una forma di controllo. Questo Ministro ammette così implicitamente la sua ignoranza: il controllo fisico verso un altro, ad esempio, verso un figlio, se supera la stretta emergenza di durata quasi istantane, diventa co-responsabilità nell’agito contro l’altro; solo il vero dialogo instaurato prima possibile può prevenire gli atti estremi! L’atteggiamento di repressione rende, dunque, chi reprime co-responsabile del suicidio! Questa irresponsabilità ignorante è un crimine o un misfatto? La difesa da parte di questo Ministro di fronte al Tribunale della Vita potrebbe suonare così: Il mio concorso alla minaccia della Vita sulla Terra non comporta un grave allarme sociale, e quindi non merito una detenzione o una multa … chiedo a questa Corte di trattarmi come io tratto i “colletti bianchi”: la detenzione o la contravvenzione lasciamola ai poveracci!

Lo stesso tipo di difesa, propria di chi si fonda sulla democrazia rappresentativa, facilmente manipolata dalla disinformazione piuttosto che sulla dignità di vivere, potrebbe essere invocata dai guerrafondai, che quando sono al potere - togliendo fondi a sanità, scuola e pensioni - investono in armi e magari nella morte dei poveracci o dei loro figli/nipoti che vanno a combattere o dei civili che moriranno sotto le bombe. In questo senso chi è in età di voto, passato e futuro, è co-responsabile di quella forma di morte programmata, che in biologia si chiama apoptosi, propria delle cellule che non servono più!

Ed anche questo tipo di difesa potrebbe essere invocata dai potenti che partecipano, o - peggio ancora - non partecipano, alla Cop 30 di Belèm e da tutti quelli di noi che non fanno quello che è in loro potere per contrastare il crimine del suicidio dell’uomo sulla Terra. Nel caso della Cop 30 i primi poveracci sono gli indigeni dell’Amazzonia (che hanno protestato scendendo con barche il Rio delle Amazzoni), ma anche noi, uno ad uno, stiamo diventando i poveracci di turno. Lo documentano, ad esempi, un filmato de “Il Fatto quotidiano” , la successiva riflessione, il voto del Parlamento europeo che indebolisce molte misure che obbligano le aziende a rispondere delle violazioni dei diritti umani e ambientali, l’opposizione dell’Italia alla Direttiva europea sulla tassazione energetica e il fatto che l’Italia è al 16° posto nella classifica dei Paesi più duramente colpiti da eventi climatici.

Perfino il Presidente del Brasile, che ha organizzato la Cop 30 a Belèm, non è innocente: ha tra l’altro accordato all’industria dei combustibili fossili concessioni per nuove estrazioni di petrolio nel bacino amazzonico e ha permesso la costruzione di un’autostrada di 13 km all’interno della foresta per favorire la partecipazione dei potenti alla Cop30, cioè i capi di governo di secondo piano e le delegazioni di quasi 200 Paesi che non rappresentano nessun impegno; l’Italia è rappresentata, ad esempio, dal Ministro degli Esteri, che ha parlato di nucleare e biocarburanti sorvolando sul ritardo del finanziamento per il Fondo per il clima, proclamati in modo roboante dal capo del governo in una precedente Cop, e sulle leggi mancate (legge contro il consumo del suolo, Piano di adattamento al cambiamento climatico con connessa istituzione di un Osservatorio nazionale). Del resto, mentre in Europa si parla di transizione ecologica, Stati Uniti e Russia continuano a finanziare guerre e trivellazioni; del resto le migliaia di rappresentanti delle lobby fossili continueranno a partecipare alle Cop; del resto, quasi come in Cronaca di una morte annunciata di Gabriel Garcia Marquez, l’ONU continua a implorare cambi drastici sui gas serra per evitare la catastrofe.

L’Italia, da parte sua, si distingue nel suo perseverare nel suo discostarsi dagli obiettivi dell’Accordo di Parigi: il rapporto dell’associazione indipendente ReCommon Dieci anni perduti e le analisi del think tank italiano ECCO Climate mostrano i ritardi profondi nella mitigazione del riscaldamento climatico, nella finanza climatica e nelle politiche strutturali.

Il rapporto di ReCommon, in particolare, sottolinea l’ipocrisia dei gruppi industriali improntati sul business dei combustibili fossili, che hanno trovato l’assist perfetto nel nuovo consenso generatosi dalla Cop di Parigi di dieci anni fa in poi facendo credere che il gas fossile sarebbe il combustibile di transizione delegato a traghettare l’economia europea e globale verso un’economia a emissioni quasi zero. ReCommon ha concentrato la sua critica sull’ipocrisia di quattro imprese italiane: ENI, SNAM, SACE e Intesa Sanpaolo.

Nel 2016 Claudio Descalzi, amministratore delegato di ENI, affermava: anche le imprese devono essere protagoniste del cambiamento, adeguando i loro modelli di business, per contribuire al bene comune, e creare valore nel lungo periodo. Da allora ENI ha prodotto in totale circa 6,39 miliardi di barili equivalenti di petrolio e gas (lasciando un inquinamento da petrolio dovunque abbia trivellato), ha puntato sul metano (che nel breve periodo dei prossimi decenni sarà molto più climalterante del petrolio … ma la scommessa sul gas potrebbe non essere lungimirante perché tra soli due anni l’offerta di GNL potrebbe essere in eccesso rispetto alla domanda), ha attuato strategie di greenwashing/false soluzioni (ricorso a meccanismi di compensazione delle emissioni attraverso l’acquisto di crediti di carbonio, partecipazione a progetti di dubbia efficacia nella conservazione delle foreste in Zambia, tecnologia di cattura e stoccaggio della CO2). Grazie ad ENI i danni sull’ambiente e sulla salute degli abitanti sono stati gravi soprattutto in Nigeria, Basilicata e Mozambico.

SNAM ha aderito per prima alla dichiarazione espressa subito dopo la Cop di Parigi dai titani globali Shell, BP e RioTinto23 ed ha proseguito sostenendo il gas fossile come traghettatore verso l’azzeramento delle emissioni climalteranti. La sua ipocrisia l’ha portata a diventare il più grande operatore della rete di trasporto del gas in Europa per infrastrutture controllate, corrispondenti all’attuale rete di oltre 40mila chilometri di gasdotti, terminal di rigassificazione per 28 miliardi di metri cubi di capacità annua gestita e depositi di stoccaggio per 16,9 miliardi di metri cubi. L’arricchimento delle società per il trasporto del gas (TSO), di cui SNAM fa parte, ha ovviamente arricchito anche gli azionisti di queste società, tra cui i governi di Italia, Spagna, Belgio e Francia e i fondi di investimento (BlackRock e Lazard). Le ingenti spese di SNAM nelle attività di lobbying nelle Commissioni dell’Unione Europea hanno fatto sì che i suoi progetti venissero approvati; tra questi il TAP (Trans Adriatic Pipeline), il gasdotto che ha unito il governo autoritario dell’Azerbaigian alle coste del Salento con forti impatti su comunità e ambiente e con centinaia di persone criminalizzate per essersi opposte al progetto. SNAM ha poi cavalcato, tra l’altro, il piano RePowerEU del 2022 ed ha installato i rigassificatori di Piombino e Ravenna, presentati come soluzione temporanea per aiutare l’Italia e l’Ue a sostituire le importazioni di gas russo con gas liquefatto, proveniente soprattutto dal fracking dell’industria estrattiva USA; ma Piombino e Ravenna sono diventati, in barba al phase-out dal gas fossile, infrastrutture utilizzabili per i prossimi venti anni,. A questo va aggiunta l’acquisizione da parte di SNAM del 25% della EMG (East Mediterranean Gas Company), che controlla il gasdotto usato da Israele per esportare il gas estratto nei giacimenti offshore verso l’Egitto e, attraverso questo, verso l’Ue.

SACE è l’agenzia di credito all’esportazione italiana, controllata dal ministero dell’Economia e delle Finanze, che funziona da assicurazione pubblica verso i rischi da investimento di aziende e banche. Dagli accordi di Parigi SACE ha rilasciato garanzie per il settore dell’energia da combustibili fossili pari a 22,18 miliardi di euro diventando l’agenzia pubblica più importante d’Italia, il primo finanziatore dell’industria fossile in Italia e il quarto nel mondo. Nel corso della Cop 26 di Glasgow l’Italia si era impegnata a porre fine al nuovo sostegno pubblico diretto al settore internazionale dell’energia da combustibili fossili entro la fine del 2022, ma SACE ha aggirato questo impegno rilasciando garanzie per almeno 15 operazioni legate all’energia prodotta da combustibili fossili, tra cui il progetto di estrazione e liquefazione di gas in Mozambico, su cui aleggia la pesante ombra di crimini di guerra. Secondo uno studio di Carbon Tracker sta aumentando sempre più il rischio che il denaro pubblico italiano debba pagare le insolvenze delle varie società assicurate da SACE, per cui paradossalmente conviene all’Italia contribuire al rallentamento del passaggio all’elettrico!

Intesa Sanpaolo è la banca che più delle altre dà disponibilità di credito e consente alle compagnie energetiche di espandere attività incompatibili con gli obiettivi climatici, in particolare attraverso investimenti e finanziamenti al settore gas soprattutto negli USA. Il settore finanziario, infatti, può agire come acceleratore o come freno della transizione energetica: se il capitale va verso soluzioni rinnovabili, giuste e sostenibili, l’economia si decarbonizza; se continua a puntare su gas e petrolio, si consolida il sistema fossile; le banche globali hanno erogato 7.900 miliardi di dollari al fossile dopo Parigi e Intesa Sanpaolo ha contribuito con 21,8 miliardi di dollari investendo, tra l’altro sul progetto Rio Grande LNG in Texas e sul progetto Coral North FLNG di ENI in Mozambico. ENI e SNAM sono fortemente finanziate da Intesa Sanpaolo.

È un crimine o un misfatto l’irresponsabilità di queste quattro imprese nel far parte della struttura di un sistema improntato sull’energia fossile e nello sminuire/nascondere gli impatti sociali, economici e ambientali associati alla crisi climatica, in Italia e all’estero? L’azione estrattiva in Val d’Agri, Cabo Delgado (Mozambico), Delta del Po, del Golfo (Stati Uniti), Vado Ligure

- porta con sé impatti sulla salute delle persone che vivono in prossimità delle infrastrutture,

- rafforza la militarizzazione dei territori per dividerli tra zone rosse e zone verdi, con il conseguente aumento delle violazioni dei diritti umani,

- incrementa la cattura e lo spreco di denaro pubblico con miliardi di euro che potrebbero essere utilizzati a favore di interventi a beneficio della collettività,

- sminuisce le cause della crisi climatica e nasconde il fatto che ne stiamo già pagando direttamente o indirettamente le conseguenze sul piano materiale.

Ne consegue la domanda (soprattutto se il gas fossile sarà, come sembra, un flop di qui a due anni): siamo noi, singole persone, a dover pagare per il flop locale e planetario o chi ha contribuito a generare in maniera sistemica questa crisi? Il nostro Ministro della Giustizia risponderebbe: paghino i poveracci, noi abbiamo il diritto di essere trattati da colletti bianchi!

Adolfo Santoro

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