Gianfranco Tognarelli : una pittura di ricerca
di Riccardo Ferrucci - lunedì 05 febbraio 2018 ore 16:03
Abbiamo incontrato nel suo studio a Pontedera Gianfranco Tognarelli uno dei pittori più interessanti che operano attualmente nel panorama toscano. Tognarelli, pittore e incisore, è nato a Pontedera nel 1949 e, dopo il diploma tecnico, ha frequentato la scuola libera del nudo e l’Accademia di Belle Arti di Firenze, conclusa nel 1973 con una tesi sul pittore Anton Luigi Gajoni. Nel suo percorso formativo sono state decisive la conoscenza di Gajoni e la sua lezione coloristica. Ha esordito alla fine degli anni sessanta con opere figurative, dalla fine degli anni ottanta i suoi dipinti di animazione panica hanno assunto suggestioni oniriche e riferimenti mitici. Poi si è orientato verso una realtà più interiore fino all’approdo nell’attuale ciclo di “Transiti” rappresentativo di una realtà “sommersa” più che astratta.
La tua arte, attraverso la pittura e l’incisione, si è indirizzata verso una dimensione di ricerca. Come si colloca la tua produzione grafica in rapporto alla tua pittura? Tra poco si apre a Firenze, alla Galleria “Il Bisonte”, un’importante mostra antologica dedicata ai tuo lavori grafici “Incisioni 1970 – 2017” che segue l’importante esposizione che hai realizzato alla Biblioteca Giovanni Gronchi di Pontedera nel 2015.
“La grafica e l’incisione sono una ricerca costante per il mio lavoro, che da sempre si accompagna alla principale attività pittorica. Non ho mai dato eccessivo peso al mio lavoro di incisore, ma mi è sempre servito questo approfondimento nel disegno, rispettando regole e tecniche precise, per le mie ricerche pittoriche, dove mi sento più libero e lascio più spazio all’improvvisazione. E’ uno scambio reciproco di esperienze, in questo senso la pittura mi serve per l’incisione e viceversa. Nella grafica prevale l’aspetto più lirico della mia arte, voglio evocare sensazioni. Da crociano intendo l’arte quale fulminea espressione dell’intuizione: manifestazione diretta dell’interiorità più riposta e preziosa. ”
Sei partito da una pittura figurativa negli anni settanta poi ti sei diretto verso una pittura più libera e fantastica. Come hai realizzato questo tuo interessante processo di sviluppo creativo ?
“ Possiamo dire che nasco come pittore naturalista, intendendo con “naturalismo” un’attenzione spiccata verso la realtà. Però la mia intenzione non è mai stata quella di rappresentare il paesaggio in modo fotografico, in maniera esatta; era una ricerca formale che si poneva in rapporto con tutto quello che vedevo, ricercando sempre una continuità nella forma e nel colore di ciò che andavo a dipingere. Quando lavoro dal vero non mi interessa il soggetto in quanto soggetto. Non mi interessa l’albero o la natura morta, mi interessano le forme. Non copio semplicemente la realtà che vedo, ma cerco di andare oltre in una ricerca più profonda e complessa. Negli anni c’è stata chiaramente un’evoluzione del mio linguaggio, sono passato da immagini più realiste ad immagini più libere e d’invenzione, direi quasi astratte. Nella pittura parto prima di tutto dal colore, ma poi accanto c’è sempre una ricerca di forme, di movimento, di luce. Credo di fare sempre la stessa pittura, ma attraverso una ricerca, degli stili e dei processi ideativi diversi.
Ogni pittore ha sempre dei compagni di viaggio. Quali sono i riferimenti pittorici che ti hanno accompagnato in questo lungo viaggio nell’arte?
Uno dei miei maestri è stato un pittore oggi un po’ dimenticato, ma che era un grande pittore. Parlo di Anton Giulio Gajoni che dopo un’esperienza parigina, venne a vivere a San Miniato. Era un grande colorista che ha influenzato fortemente il mio modo di vedere la pittura agli inizi del mio percorso artistico. Poi ho avuto molti amori e pittori che ho profondamente amato, a partire da Cezanne per arrivare a Masaccio per i suoi grandi esiti pittorici, di una assoluta modernità. Credo che un pittore deve partire dai valori umani e collegarsi sempre ad una tradizione, non credo in una pittura che deve stupire a tutti i costi.
Tra i valori che indicava per questo millennio Italo Calvino c’è la leggerezza. Ti riconosci in questo modello indicato da Calvino nelle sue “Lezioni Americane”?
Il lavoro che sto facendo credo che sia una ricerca di leggerezza, anche rispetto ad alcuni mie lavori del passato, più figurativi, che adesso avverto come troppo pesanti. Comunque in Calvino ritrovo una molteplicità di mondi e sensazioni, per cui accanto alla leggerezza ci sono altri valori come la velocità o la rapidità, oppure in altri scritti ci fa scoprire che Galilei era non solo un grande scienziato, ma anche una grande scrittore. Quindi il valore della leggerezza a cui tendo si accompagna sempre in Calvino ad altri valori ed alla profondità di una ricerca che non ha mai fine.
Riccardo Ferrucci