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Attualità martedì 06 luglio 2021 ore 15:20

L’alluvione e la storia della Madonna “miracolosa”

Santa Maria a Ponterosso (Foto Proloco Marsilo Ficino)

Una chiesa e cinque secoli di storia. Venerdì la presentazione del libro di Butti su Santa Maria a Ponterosso, alla presenza del vescovo di Fiesole



FIGLINE E INCISA — Storia e cultura locale si intrecciano nel libro “La chiesa e il monastero di Santa Maria a Ponterosso – cinque secoli di storia nella terra di Figline Valdarno” scritto dal professore figlinese Paolo Butti, edito da Florence Art Edizioni, che sarà presentato venerdì 9 luglio alle ore 21, in piazza Pierallini, proprio nei pressi della Parrocchia di Santa Maria a Ponterosso. Alla serata di venerdì saranno presenti l’autore e l’editore, l’iniziativa si aprirà con i saluti del vescovo di Fiesole, monsignor Mario Meini, e del parroco Don Luciano Faellini. Interverrà il professor Francesco Salvestrini, docente di storia medievale all’Università di Firenze. L’iniziativa è patrocinata dal Comune di Figline e Incisa Valdarno e dalla Regione Toscana.

La chiesa, di aspetto tardorinascimentale e di autore ancora non identificato, ha una sobria facciata intonacata con timpano introdotta da un portico settecentesco, progettato da Antonio Ferri e realizzato nel 1771, che sostituisce parzialmente l'antico loggiato secentesco andato perduto.

Santa Maria a Ponterosso trae origine da un'immagine della Madonna con il Bambino della fine del Quattrocento, ritenuta miracolosa: questa, situata in origine su un tabernacolo presso un "ponte rosso", fu inglobata in un oratorio nel 1499 poi distrutto da un'alluvione nel 1557, che salvò solo il pezzo di muro sostenente l'affresco. La sopravvivenza dell'immagine sacra aumentò la popolarità e la devozione popolare verso di essa e si decise quindi l'erezione nel 1570 di una nuova chiesa nella quale fu trasportata, e dell'adiacente palazzo. L'operazione, sostenuta finanziariamente dai Medici, costituì una delle numerose iniziative edificatorie intraprese dal governo mediceo nella seconda metà del Cinquecento, volte a promuovere i culti locali. Nel Settecento il santuario passò ai vallombrosani e già dal 1713 si intrapresero una serie di interventi tesi a rinnovare la sacrestia ed il palazzo adiacente per adattarlo a sede del Monastero e, in seguito a riordinare l'assetto della chiesa. L'affresco oggetto di devozione era in origine collocato ad uno degli altari laterali, ma fu deciso, per salvarlo dai continui problemi di umidità, di realizzare per esso un'edicola da porsi al nuovo altare maggiore, nella quale fu traslato nel 1753.


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