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Il funerale del Carnevale “morto”, dove e perché

Le origini antiche di uno sberleffo collettivo. La parodia di un rito funebre gioioso e satirico, fra tradizione e spirito goliardico. Il significato

Il Carnevale Morto di Reggello, edizione 2020

Le origini sono incerte. C’è chi fa risalire il Carnevale ai “Saturnalia” romani, quando gli schiavi diventavano padroni e ogni licenza era permessa. Altri guardano all’antica Grecia e ai riti in onore di Dionisio, oppure all’Egitto con le celebrazioni per Iside contrassegnate da cortei di carri a forma di nave. Anche nell’antica civiltà Babilonese, nell’equinozio di primavera, si celebrava il passaggio dal vecchio al nuovo anno con una nave munita di ruote. Insomma, un carro navale: “Il Car Naval”.

Qualunque sia il riferimento storico, il Carnevale è sempre stato percepito come un periodo dell’eccesso, del sovvertimento momentaneo della morale corrente. Per questo nella tradizione contadina resiste il detto: “Meglio fare il prosciutto senza sale, che portare la moglie al Carnevale”.

Ecco quindi la necessità di mettere uno stop ufficiale al periodo del disordine, ben visibile e percepibile alla comunità sociale. Terminato l’ultimo banchetto, l’ultima abbuffata, prima del “Carnem levare”, ovvero “privarsi della carne”, ma anche dei peccati della carne, in senso metaforico, arriva il punto di svolta: il passaggio dall’immorale tollerato alla morale di tutti i giorni.

Fine della festa, basta eccessi. Come dire: il Carnevale è morto. E allora, le maschere protagoniste del Carnevale accompagnano il loro “signore” nell’ultimo viaggio. Ovviamente a modo loro.

Sulla spinta del vulcanico Stefano Berti e senza finanziamenti pubblici, da tre anni a Reggello hanno avuto il merito di riscoprire “Il Carnevale morto” recuperando un’usanza locale, già rintracciata negli anni precedenti il primo conflitto mondiale. Una cerimonia simile sopravvive da lungo tempo anche a Montuorio al Vomano, in provincia di Teramo, nella Comunità montana del Gran Sasso. Anche a Borgosesia il mercoledì delle ceneri “Mercu scuròt” viene inscenato un corteo funebre. In Alto Adige il morto, ucciso dai cacciatori, è Wilder Mann (l'uomo selvatico). In varie zone del napoletano si celebra il funerale recitando una litania burlesca, ovviamente in dialetto: “Carn’val’ mij’, sì muort’ …”.

“Il Carnevale Morto” di Reggello recupera gran parte degli elementi presenti nella tradizione popolare italiana: il fuoco purificatore in cui si brucia simbolicamente il "Re del Carnevale". E poi il funerale, fintamente triste, gioioso e satirico. La musica che accompagna la parodia di un rito funebre. Lo spirito di beffa prevale sul finto lutto, esorcizzato dallo scherzo. Comunque sia, il periodo del disordine, il Carnevale, termina anche a Reggello con un atto di apparente follia che, paradossalmente, ristabilisce l'ordine costituito.