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Depuratore, dopo 40 anni l’accordo sull’esproprio

Si conclude finalmente una complicata vicenda amministrativa iniziata nei primi anni Ottanta del secolo scorso. Ora arriva l’atto di “transazione”

Il depuratore fognario di Figline

Era il lontano 1981 quando il Comune di Figline approvò il progetto tecnico-esecutivo per la realizzazione del depuratore per le fognature del capoluogo. Altri tempi, altre leggi in vigore, e circolava anche un’altra moneta. Allora si pagava con la Lira e non con l’Euro. Ed erano oltre 42 milioni le Lire che l’allora Amministrazione comunale (esattamente: Lire 42.073.200, salvo il conguaglio) si era impegnata a pagare nel preliminare di vendita, sottoscritto nel 1982 con i proprietari del terreno sul quale doveva sorgere l’impianto, per la “cessione bonaria al Comune del terreno su cui realizzare il depuratore, posto in Comune di Figline Valdarno località Gaglianella, di circa 11.000 metri quadrati”.

Impossibile riassumere nei dettagli, e con esattezza, tutti i passaggi anche di ordine legale e giudiziario, che da quegli anni si sono succeduti fino ad oggi. Ecco un riassunto: nel 1983 il Comune corrisponde ai proprietari un acconto di Lire 23.000.000. Poi viene dichiarata incostituzionale la legge 385/1980, per cui nel 1999 i proprietari del terreno espropriato e il Comune si accordano sul nuovo prezzo di Lire 20.000 a metro quadrato. Si arriva al 20 aprile del 2000, quando l’Amministrazione comunale eccepisce ai proprietari la prescrizione del loro diritto e gli comunica la volontà di non addivenire alla stipula del contratto definitivo. I proprietari allora ricorrono al Tar, che nel febbraio 2004 non accoglie le loro richieste. Invece il Consiglio di Stato nel 2013 riforma la sentenza “alla luce delle modifiche legislative intervenute negli anni in materia di occupazione appropriativa” e condanna il Comune al pagamento dell’indennizzo calcolato in base al testo unico degli espropri. La questione va avanti: l’Amministrazione comunale offre un indennizzo, che non viene accettato dai proprietari, i quali ricorrono in Corte d’Appello, che nel 2017 chiede un supplemento di perizia. Si arriva così al 18 dicembre 2018 quando la Corte d’Appello invita le parti a trovare una definizione transattiva del giudizio. Una transazione che finalmente si concretizza adesso con la sottoscrizione di un accordo in cui le parti convengono su una “giusta indennità” per “l’acquisizione sanante dei terreni ablati” fissata in complessivi 420.000,00 Euro.