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Accordo fatto per l’ex oratorio dello “Spedale”

Il Comune ha raggiunto l’intesa con la Fondazione Giovanni Pratesi per la valorizzazione dei beni culturali che si trovano in piazza Marsilio Ficino

L'ex spedale Serristori con le antiche Logge del grano

L’Amministrazione comunale ha approvato lo schema di accordo tra il Comune di Figline e Incisa e l’antiquario Giovanni Pratesi per la valorizzazione dei beni culturali e dei locali dell’oratorio dell’ex Spedale Serristori, denominati appunto “Fondazione Giovanni Pratesi”. L’accordo sottoscritto è finalizzato alla valorizzazione dei beni culturali situati in piazza Marsilio Ficino “attraverso la loro inclusione nel Sistema Museale Territoriale del Chianti e del Valdarno Fiorentino e attraverso altre attività di valorizzazione coordinate, anche mediante l'uso di nuove tecnologie, con metodi e linguaggi innovativi e favorendo l'inclusione di nuove tipologie di fruitori”.

Con questo atto il Comune si è impegnato a farsi carico della quota annuale del Sistema Museale del Chianti e del Valdarno Fiorentino e la valorizzazione dei beni culturali conservati nei locali di proprietà di Giovanni Pratesi garantendo la loro inclusione nei materiali promozionali e informativi realizzati dal sistema museale.

L’antiquario Pratesi aveva acquistato nel 1987 gli ambienti che erano stati dell’oratorio del cosiddetto “Spedale Serristori”, preoccupandosi successivamente di avviare un accurato restauro che riportò all’origine la chiesa cinquecentesca con il pregiato altare di Giovan Battista Foggini. Durante i lavori di restauro dell’ex oratorio ritornarono alla luce la "Crocifissione”, un pregevole affresco del Trecento, e il distillatoio dell’antica spezieria. Gli antichi locali ora ospitano anche le sculture e i dipinti che Pratesi vi ha collocato: dai bozzetti di Ciro Ferri e del Volterrano per la Santissima Annunziata a Firenze al Cristo redentore del Giambologna. Nell’ex oratorio è visibile anche il campionario di circa duemila esemplari di “pietre tagliate d’Arno”, ciottoli raccolti dall’antiquario nei renai dell’Arno, tagliati e lucidati secondo l’uso avviato dal Cinquecento per realizzare il celebre “commesso fiorentino”.