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Martina fu aggredita, lo dicono le ferite

Caso Rossi: rese note le motivazioni della sentenza con cui la Corte di Appello di Firenze ha condannato per tentato stupro i due giovani aretini

Martina Rossi

Il corpo di Martina ha parlato: l’occhio sinistro pesto, il labbro spaccato, la spalla lesionata. Ferite “compatibili con una colluttazione” secondo quanto si legge nella motivazione della sentenza della Corte di Appello di Firenze che ha condannato a tre anni di reclusione Alessandro Albertoni e Luca Vanneschi giudicati colpevoli del tentato stupro di Martina Rossi.

La giovane genovese la mattina del 3 agosto 2011 dopo aver reagito all’aggressione dei due ragazzi di Castiglion Fibocchi ha tentato di scappare dalla loro camera d’albergo a Palma di Maiorca dove si trovavano in vacanza, l’unica via di fuga possibile andare in terrazzo, scavalcare il divisorio e raggiungere il balcone della stanza accanto. Ma la ragazza scivolò e cadde giù, facendo un volo di più di venti metri: fatale l’impatto a terra, Martina morì poco dopo. Le ferite rivenute sul suo corpo non sono – secondo i giudici – riferibili alla caduta ma, appunto, a uno scontro con uno dei due aggressori o con entrambi.

Questo l’elemento chiave e nuovo emerso e preso in considerazione durante il processo celebrato contro i due aretini nelle scorse settimane. Ora sono state rese note le motivazioni della sentenza emessa il 28 aprile che chiariscono il quadro della vicenda. Secondo quando si legge nel documento, quella mattina “entrambi gli imputati erano ‘salati’” ovvero sotto effetto di sostanze stupefacenti. Uno di loro - o entrambi - ha aggredito Martina, la ragazza ha reagito graffiando al collo Albertoni riportando anche lei alcune lesioni.

Martina non poté "guadagnare la porta d'ingresso perché pressata da entrambi gli imputati e quindi si diresse verso il terrazzo dove tentò di attraversare il muretto divisorio con la camera adiacente".

La Corte di Appello di Firenze non dà attenuante ai due aretini: "Non hanno mai collaborato con gli inquirenti, sia in Spagna sia in Italia., concordando la versione da rendere, in modo da far combaciare tutto, proseguendo a mentire e nascondere palesemente la verità dei fatti. È davvero sorprende la mancanza del benché minimo senso di colpa: subito dopo la commissione dei gravi fatti hanno continuato la vacanza spagnola come se nulla fosse avvenuto, senza scrupoli, indifferenti, spensierati, come dimostra il tenore di post pubblicati su Facebook una volta rientrati in Italia: ‘delirio terrore e di nuovo delirio a Palma’, ‘Abbiamo lasciato il segno!!’, “veramente un’avventura alla Vallanzasca la nostra’”.

Ora i difensori di Alessandro Albertoni e Luca Vanneschi hanno 30 giorni di tempo per presentare ricorso in Cassazione.