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Attualità venerdì 15 novembre 2019 ore 20:40

Incisa, la bella storia di Pieraccioni e Gilberto

Un’amicizia che ha superato il dramma della malattia. L’impegno e la dedizione del comico toscano. Le promesse mantenute e un film



FIGLINE INCISA — Io c’ero. Sono passati vent’anni. Un pomeriggio di fine febbraio, alla libreria Feltrinelli di via Cerretani a Firenze. Doveva essere un appuntamento letterario: la presentazione del libro scritto da Iacopo Gori e Gilberto RovaiLe grida degli Urubù” (Edito da Gea, Modena, 1999). Invece furono soprattutto risate. La presenza di Leonardo Pieraccioni, che del libro aveva scritto la prefazione, trasformò l’incontro in libreria in una sorta di scketch comico. “La mi’ mamma mi diceva sempre. Hai visto come gli è bravo Gilberto, invece te …” E poi: “Hai visto Gilberto si è già laureato! E invece te, vagabondo …”.

Recitando a soggetto Leonardo Pieraccioni riuscì a raccontare in modo esilarante la storia di due ragazzi, vicini di casa, uno dei quali, però, stava combattendo una dura battaglia contro una malattia terribile: la neurofibromatosi di tipo 2.

Quel libro, “Le grida degli Urubù”, scritto da Rovai insieme a Iacopo Gori, suo ex compagno di classe e oggi giornalista del Corriere della Sera, era un modo per raccogliere fondi per la lotta alla Nf2 che aveva colpito Gilberto all’età di 18 anni. E gli urubù (maleodoranti avvoltoi dell’America meridionale), citati nel titolo del libro, erano solo un richiamo autoironico alla sua malattia che Gilberto Rovai aveva voluto fare.

L’ironia non era l’unica dote di Gilberto. Intelligente, di una cultura spaziale, affrontava la malattia con il coraggio e il distacco di chi ha in dote uno spirito superiore. Pieraccioni, Gori, e molti altri amici, gli rimasero accanto fino alla fine. Quindici anni fa, il 18 maggio del 2004, Gilberto se ne andava, all’età di 38 anni, sopraffatto da quella malattia che aveva affrontato a viso aperto, pubblicamente, senza chinare la testa.

Ma Gilberto Rovai ha lasciato una eredità importante, e non soltanto il suo nome alla biblioteca di Incisa.

“Io ho fondato la mia associazione nel novembre di sedici anni fa, proprio perché ero convinta che, trovando i fondi per la ricerca, sarei riuscita a salvare Gilberto. Invece sei mesi dopo è morto” racconta Ermina Vacca, per tutti Emy, fondatrice e animatrice di “Io ci sono… ”. 

Nonostante la scomparsa di Gilberto Rovai la onlus bolognese ha continuato la sua missione, che è in primo luogo quella di trovare investimenti per la ricerca, nella speranza di trovare una cura a questa tremenda malattia genetica, e poi, garantire assistenza e la presa in carico dei malati dall’infanzia all’età adulta

L’associazione “Io ci sono” ha istituito anche la borsa di studio “Gilberto Rovai” che ha messo a disposizione 20 mila euro per la ricerca genetica sulla Nf2.

“Gilberto – racconta Emy - credeva che l’unica strada fosse quella della ricerca. “Io ci sono” ha imboccato quella strada, per lui e perché un giorno sia possibile, per tanti altri “Gil”, avere magari una vita normale. O almeno dignitosa, questo sì”.

Accanto a Emy lavorano tanti volontari, ma soprattutto c’è lui Leonardo Pieraccioni. Grazie al comico toscano gli spettacoli allestiti per raccogliere fondi per la lotta alla neurofibromatosi di tipo 2 fanno sempre il pienone. Ma non è questa l’unica promessa che Pieraccioni ha mantenuto nei confronti dell’amico scomparso. Prima che Gilberto morisse, quando ormai era quasi paralizzato e cieco, Pieraccioni aveva fatto in tempo a dirgli: "Gilberto, ci sarai anche te nel mio prossimo film". Lui aveva sorriso e naturalmente non ci aveva creduto, ma chi ha visto «Ti amo in tutte le lingue del mondo» se ne è accorto: il protagonista del film, cioè lo stesso Pieraccioni, si chiamava proprio Gilberto Rovai.

Domenica 17 novembre l’associazione che era nata per salvare Gilberto si ritrova (ore 12.30) a villa Cà Bianca di San Lazzaro (Bologna). Un pranzo con “comic show” organizzato per raccogliere fondi proprio da “Io ci sono”. E io ci sarò.


© Riproduzione riservata


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